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The_VikingPosted: 14/9/2011, 11:55
E, in fondo, è quello che facciamo adesso studiando :)
AlpharielPosted: 14/9/2011, 07:13
Verissimo. L'importante è comunque andare avanti e lottare per costruire un mondo migliore.
The_VikingPosted: 12/9/2011, 14:55
Ti ringrazio :)
E' come se quell'attentato lo avessero fatto anche ai nostri danni, alla nostra infanzia e alla nostra fiducia nelle persone: questo sarà un fatto che non credo che potremo mai accettare, nemmeno da adulti.
AlpharielPosted: 12/9/2011, 13:51
Nulla da aggiungere, è davvero un ottimo post.

CITAZIONE
E' come se avessi vissuto parallelamente alla storia: nato nell'anno in cui l'URSS si è definitivamente dissolta, ho vissuto l'11 settembre come uno spartiacque, poi il bambino che ero prima è tramontato inesorabilmente ogni anno di più e, con esso, le tante sicurezze del mondo, occidentale e non. Mi ritrovo oggi, nel decennale dell'11 settembre 2001, in crisi come lo è il mondo, senza dei riferimenti forti come credevo d'averne prima. Non è più l'epoca per fare previsioni, né su di sé né sul mondo, è un epoca che lascia molto spazio ai dubbi e poco alla sicurezza.

Io mi son fatta venire il magone mentre rivedevo le immagini alla tv..
The_VikingPosted: 11/9/2011, 21:25
Sono passati dieci anni da quell'undici settembre del 2001. Per quanto indiscutibilmente vero, sarebbe banale dire che quel giorno fu terribile, cambiò la storia ecc ecc; pertanto mi limiterò a dire come influì su me personalmente.

L'11/09/2001 avevo dieci anni. Ricordo che l'inizio della giornata fu piuttosto insignificante: come facevo spesso in quel periodo, andavo in giro in bici lungo la mia via, il che, nei fatti, si traduceva nello stare sopra la bici a parlare con qualcuno, non certo a farsi pedalate degne di tale nome. C'era anche mia sorella, quel giorno, oltre ad un ragazzo più grande, un galletto che abitava lì che mi insultava e che io insultavo in risposta. Era una giornata qualunque, c'era il sole, giocavo, pranzavo come sempre, non avevo alcun motivo di dubitare che sarebbe successo qualcosa di significativo: ero un bambino, non era Natale né il mio compleanno.
Quando io e mia sorella, verso sera, tornammo dentro casa, come facevamo sempre, mia madre disse qualcosa (non ricordo le esatte parole), ma il senso era "hanno colpito le Torri Gemelle"; figuriamoci se sapevo cosa fossero le Torri Gemelle, già era tanto che conoscessi l'esistenza di New York.
Andando in cucina, vidi poi la TV accesa. Vedevo immagini di alte torri rettangolari fumanti. Non capivo.
Era un'edizione speciale del TG5, forse c'era Mentana a commentare, ma non ha importanza. Vedevo immagini di aerei di linea, quelli che vedevo normalmente volare, pacifici, sopra la mia testa; questi, però, si schiantavano contro le torri, incastrandosi in esse. Continuavo a non capire.
Riconoscevo l'atmosfera newyorkese, le tipiche strade di Manhattan e i grattacieli di cui avevo sentito parlare e che dovevo aver visto in qualche immagine; ma c'erano queste torri, di cui fino a quel momento ignoravo bellamente l'esistenza, che rompevano di netto quell'immagine sì caotica, ma tutto sommato normale di New York che avevo in mente. C'era gente per strada che guardava quello spettacolo e pareva capire quanto me: nulla. Capii solo che sarebbe stata una lunga serata.
Mi pare di aver mangiato, a cena, senza troppo appetito. Le immagini diventavano sempre più atroci: fin quando si vedeva un aereo schiantarsi contro una torre, nell'ingenuità dell'infanzia si poteva anche non capire che già questo aveva comportato la morte di diverse persone, del resto non si vedeva nessuno, lì dentro. Ma quando sentivo dire dal telegiornale il numero di persone presenti dentro le torri e gli aerei, e vedevo le spaventose immagini del crollo delle due torri, tra nuvole di polvere immense, nemmeno io potevo più restare nella mia utopica convinzione che non ci fossero state conseguenze gravi, che fosse stato solo uno spiacevole incidente e che il giorno dopo sarebbe tornato tutto come prima. Ma furono le immagini delle persone che, in preda alla disperazione più grande immaginabile, si lanciavano da decine e decine di piani di altezza e cadevano a terra esattamente come fa il più infimo e inanimato degli oggetti, dimostrando così la fragilità propria degli esseri umani, a mettermi più in crisi. Continuavo a non capire. Non aveva senso. Perché avrebbe dovuto succedere tutto questo? Era iniziato come un qualunque giorno, perché avrebbe dovuto finire diversamente?
I miei genitori si resero conto degli effetti negativi che avrebbero potuto farci immagini simili ripetute ancora per tutta la serata nello speciale che non aveva alcuna intenzione di terminare, e consigliarono a me e a mia sorella di andare di sopra a far qualunque cosa, purché non fosse restare lì. Io mi misi a giocare a un gioco di Formula 1 al computer, ma non poté certo bastare a non farmi più pensare a quel che avevo visto.

Adesso ho 20 anni. Il 2001 divide esattamente la mia vita tra i 10 anni prima e i 10 dopo. E' buffo, perché in un certo senso quell'anno, e in particolare l'11 settembre, ha rappresentato l'inizio della svolta. Mi sono sentito come il mondo, che dopo un inizio di più o meno apparente calma successiva alla caduta del muro di Berlino negli anni '90 (anche se ben ricordo la guerra nella ex-Jugoslavia), con gli anni 2000 ha iniziato una progressiva caduta verso l'instabilità e l'incertezza. Mentre si accendevano i fuochi delle guerre, degli attentati, delle rivolte e delle crisi economiche, la mia esistenza prima scivolava lentamente dall'infanzia all'adolescenza, poi a quell'inizio di età adulta che vivo ora.
E' come se avessi vissuto parallelamente alla storia: nato nell'anno in cui l'URSS si è definitivamente dissolta, ho vissuto l'11 settembre come uno spartiacque, poi il bambino che ero prima è tramontato inesorabilmente ogni anno di più e, con esso, le tante sicurezze del mondo, occidentale e non. Mi ritrovo oggi, nel decennale dell'11 settembre 2001, in crisi come lo è il mondo, senza dei riferimenti forti come credevo d'averne prima. Non è più l'epoca per fare previsioni, né su di sé né sul mondo, è un epoca che lascia molto spazio ai dubbi e poco alla sicurezza.
La mia insegnante di lettere delle medie, che insegnava da più di quarant'anni, disse di non ricordarsi un'altra generazione oltre alla nostra che avesse sentito parlare così tanto, quasi quotidianamente, di morti, attentati, bombe, violenza. Sono cresciuto in un'epoca con sempre meno certezze, valori e motivi di allegria. Ci son dei momenti in cui, sentendomi diverso dagli altri, credo di essere fuori posto nella mia epoca, ma la verità è che io impersono veramente, e forse meglio di altri, quest'epoca.
Io ci vivo dentro e lei vive dentro di me.

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